venerdì 26 agosto 2011

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Manovra bis.


La manovra estiva tra tagli delle Province e Comuni, nuove tasse, liberalizzazioni e privatizzazioni.

La presente estate verrà ricordata, oltre per il caldo torrido di metà agosto , anche per la manovra di “lacrime e sangue”che il Governo si è apprestato a varare - in fretta e furia - fra luglio e agosto, al fine di evitare che la cd. “speculazione finanziaria” colpisse, dopo la Grecia, anche l’Italia.

La manovra estiva, è composta da un primo intervento correttivo della finanza pubblica varato a luglio ( D.L 98/2011) e di un secondo intervento - sempre con atto di decretazione d’urgenza - di metà agosto, reso quest’ultimo necessario dal riacutizzarsi della crisi dei mercati finanziari sia a livello mondiale che nei paesi dell’Eurozona.

Ambedue gli interventi, quello di luglio come quello di agosto, muovono dalla consapevolezza che la stabilità dei conti pubblici e le politiche di rigore sono elementi indispensabili e non più procrastinabili per un sana politica di rilancio economico. In questo senso, la crisi , ha avuto almeno il merito di spingere i vari governi nazionali a varare veri e propri programmi di risanamento pubblico, dopo un decennio di politiche di spesa pubblica alle stelle, e di debiti pubblici che tendevano a superare la soglia della ricchezza annuale prodotta .

Andando nel dettaglio della normativa, a luglio - come accennato - si sono poste le condizioni per un riequilibrio della finanza pubblica nel quinquennio a venire. Con l’obiettivo, coraggioso, di arrivare al pareggio di bilancio entro il 2016 attraverso una serie di provvedimenti che da un lato, andassero a privilegiare il risparmio sui centri di costo dei vari dicasteri e, dall’altro lato con la previsione di nuove entrare, andassero ad ampliare il gettito erariale per far fronte alla crisi finanziaria sul debito pubblico e, parallelamente, anche quella dei mercati borsistici.

La manovra di agosto, si è posta sulla scia della prima ed ha avuto il merito - sempre che il Parlamento si attivi per la conversione del decreto in legge - di anticipare alcuni temi che la manovra correttiva di luglio aveva spalmato nel triennio a venire.

Per semplificare potremo dividere l’azione estiva - cioè i due decreti del governo - su tre filoni di intervento: il primo, la politica e i costi della politica. Dove per tali si intendono da un lato, gli “stipendi” e i privilegi che la “casta” si riconosce a titolo di indennizzo per l’espletamento del mandato di rappresentanza popolare, e dall’altro lato, i costi degli apparati istituzionali: Parlamento, Regione, Provincia e Comune, tanto in termini di organizzazione che di funzionamento degli stessi.
Su questo frangente poi, è particolarmente sentita presso l'opinione pubblica anche la questione della soppressione delle province; come è altrettanto popolare la questione su la previsione dell’accorpamento obbligatorio dei Comuni sotto i 1.000 abitanti.
Se la manovra proseguisse il suo iter senza intoppi - per fare un esempio - la Regione Toscana si trovrebbe ad avere 3 province di meno, rispetto alle 10 odierne. E, ad essere soppresse sarebbero le province di Prato, Massa-Carrara e Pistoia che, nell’uno o nell’altro caso, non rientrerebbero nei parametri di territorio o abitanti indicati nel decreto.
Sul versante dell’accorpamento dei Comuni, invece, l’azione di razionalizzazione cadrebbe sull’obbligo da parte del piccolo Comune di intraprendere forme di associazioni di municipalità con altri Comuni contermini attraverso la creazione di nuove entità territoriali, la cd “Fusione di Comuni”.

Il secondo filone di intervento governativo si concentra , diversamente, sul lato delle entrate fiscali tanto in termini di nuove o maggiori entrate che di maggiori risparmi sulle spese in conto fiscale. Fra le prime ipotesi rientrano, l’adozione del ticket sulla sanità di 10 euro su visite e analisi e, il contributo di solidarietà del 5 per cento sui redditi sopra i 90.000 euro, e del 10 per cento sopra i 150.000 Euro. Anche se da anticipazioni di stampa, sembra che il contributo di solidarietà, pur se rimarrà tale come misura in sè, varierà in termini di prelievo, magari, aumentando la fascia di esenzione del reddito imponibile da “tassare”. Fra le seconde, rientra la previsione di tagli lineari da estendere a tutte le agevolazioni fiscali da un 5 per cento fino ad un 20 per cento nel 2014. Tra le voci da tagliare troviamo: gli assegni familiari, le spese sanitarie e di istruzione, redditi da lavoro dipendente, asili nido, sussidi e agevolazione per gli studenti universitari, ristrutturazioni edilizie, terzo settore, accise e credito d’imposta. Una mannaia che si prevede porterà nella casse dello Stato risparmi per 4 miliardi nel 2013 e 20 miliardi di euro nel 2014. Ma allo stesso tempo, potrebbe avere anche effetti di riflesso recessi , quest’ultimi, dovuti dalla minor capacità delle famiglie nella loro propensione al consumo.

Il terzo, e ultimo filone di intervento si riferisce a meccanismi di privatizzazione degli asset mobiliari e immobiliari pubblici e, di liberalizzazioni nel campo dei servizi e delle attività economiche.
Per quanto riguarda le privatizzazioni, oltre ad essere misure utili nel breve termine per dare ossigeno alle casse dello Stato, avranno nel lungo periodo - queste sì - effetti anche strutturali pro mercato, nel senso di una maggiore competitività sui beni e suoi servizi prodotti e, allo stesso tempo, libereranno ingenti risorse da destinare al risanamento del debito pubblico.
In uno studio condotto dall’Istituto Bruni Leoni, di poco tempo fa, si stimano ricavi derivanti dalla vendita di immobili di proprietà pubblica e di asset mobiliari su partecipazioni statali e di enti intermedi, per un valore che si aggira attorno ai 200 miliardi di euro, di cui circa la metà proveniente dalle società del Tesoro e la restante parte dalle cessioni immobiliari. Sul lato delle liberalizzazioni, il governo si appresta ad affrontare, assieme alle rappresentanze delle varie categorie delle professioni e degli esercenti, una riforma organica di sistema atta a ridefinire in senso liberale l’attività, gli orari e le licenze di bar, ristoranti, taxi, edicole ecc. Novità anche sul fronte delle corporazioni dei professionisti, con l’allineamento della normativa agli standard europei, attraverso l’introduzione del principio “ che è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge”.
Un accenno, infine, a chiusura della analisi testé riportata , merita anche la “nuova forma di contrattazione collettività di prossimità” introdotta dal governo, e anch’essa disciplinata dal decreto ferragostano, che permetterà, nell’ottica di una migliorare occupabilità e redditività aziendale la possibilità che i contratti aziendali possano derogare, non solo della disciplina del contratto nazionale ma, entro certi limiti anche alla legge stessa. E questo, grazie ad un accordo firmato dal governo d’intesa con le maggiori sigle sindacali nazionali - lo scorso 28 giugno - che riformerà la materia dei contratti da lavoro dipendente nel senso di un’auspicata maggiore flessibilità dei rapporti fra lavoratore e l’impresa.

Alessandro Polcri -

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