martedì 14 dicembre 2010

Acqua pubblica o privata?


Si fa un gran parlare di acqua pubblica o privata, c'è chi addirittura ha pensato di costruirci attorno una carriera politica, vedi l'incessante campagna di propaganda personale del Sindaco Bianchi di questo fine mandato, ma comunque il nocciolo della questione rimane insoluto: e cioè se il pubblico debba ritornare a gestire in prima persona una risorsa importante - ma al tempo stesso onerosa – quale l'acqua , o diversamente proferire una riforma del mercato dei servizi pubblici che spezzi il legame fra politica e la gestione diretta dei servizi. Personalmente sono decisamente a favore della seconda opzione, ma capisco i tanti che la scorsa estate sono andati a firmare per riportare la gestione del servizio idrico interamente nelle mani del Pubblico, e cioè della politica. So che quando si toccano tematiche come quella dell'acqua si rischia di essere impopolari, ma la verità come si usa dire: " non ha prezzo".Vedo di spiegarmi meglio. Innanzitutto la normativa Ronchi-Fitto, per la quale si chiede l'abrogazione attraverso referendum, non privatizza l'acqua come diversamente si vuol passare come vulgata fra l'opinione pubblica. Ma cerca di dividere la gestione del servizio dalla politica tariffaria e dal relativo potere di controllo gestionale, da assoggettare quest'ultimo alla sola Autorità Pubblica. In poche parole si privatizza la gestione del servizio che porta l'acqua ai rubinetti e finanche al suo smaltimento, mantenendo però nelle mani pubbliche, come giusto che sia, la proprietà degli impianti e il potere di determinare la politica tariffaria da legare alla gestione del servizio, nonché il controllo sulla società di gestione stessa. E questo non perché come dicono i referendari “si vuole far arricchire il privato”, ma diversamente perché il solo pubblico in questi ultimi decenni ha letteralmente fallito: prova ne è la mancanza di investimenti sulle reti idriche del Paese, e il fenomeno ad esso correlato delle cosiddette” reti colabrodo”: ogni anno si arriva a disperdere nel sottosuolo circa il 40% dell'acqua che passa dagli impianti idrici del territorio nazionale, nel silenzio più generale e senza alcun patema di ordine morale o economico.
L'altro elemento - che è all'interno della riforma Fitto-Ronchi, non certamente secondario - riguarda la competitività del sistema generale dei servizi pubblici da legare allo strumento della gara ad evidenza pubblica. Un metodo capace di creare le condizioni minime e utili affinché ci sia un giusto rapporto tra tariffa e qualità del servizio. E non da ultimo per combattere il clientelismo che è insito dove è più forte il legame fra politica e gestione diretta dell'attività amministrativa o gestionale di servizi o bisogni collettivi.Per semplificare, ad oggi Nuove Acque spa è società a capitale misto pubblico, dove il privato è stato scelto con l'affidamento diretto per cooptazione, e non diversamente come prevede la riforma per gara ad evidenza pubblica. E' ovvio che quando è la stessa politica che discrezionalmente scegli il proprio partner si crea un circolo vizioso che lega il pubblico con il privato, tale da indurre quest'ultimo a pensare più al profitto che al servizio, ben sapendo che il suo salvacondotto si chiama “politica” così da rimanere immune da quel binomio “responsabilità- rischio” che è garanzia minima per la soddisfazione del consumatore-utente. Arezzo in questo caso ne sa qualcosa, le tariffe in 10 anni sono aumentate in modo esponenziale senza che la qualità del servizio o gli investimenti siano cresciuti in modo proporzionale alle spese sostenute dai cittadini sulla bolletta. Questo ultimo aspetto: l'aumento dei costi per l'utente-consumatore, non deve però essere incautamente interpretato come effetto di una privatizzazione della gestione dei servizi pubblici, ma deve diversamente essere legato al perdurare della condizione di monopolio - non solo tecnico , ma di fatto – che ha avuto e continua a beneficiare la società Nuove Acque spa. E che può essere spezzato solo ed esclusivamente se si introduce l'obbligo della gara, come altresì elementi di responsabilizzazione della parte privata nella gestione del servizio.
Questo vuol dire che con la Riforma Fitto-Ronchi le tariffe dell'acqua non aumentaranno ma diversamente diminuiranno nel tempo, in raffronto al grado di competitività e efficienza che il mercato dei servizi sarà capace di raggiungerà nel medio e lungo termine. Ecco perché bisogna sfatare un mito che lega “ le liberalizzazioni tramite privatizzazione” dei servizi all'aumento delle spese per il consumatore-utente. Anzi è vero il contrario si fanno le liberalizzazioni per accrescere l'efficienza, l'efficacia e non da ultimo la possibilità di scelta del consumatore-utente. Un altro buon motivo per dire “ no” ad un ritorno al passato fatto di sprechi e mala gestione della politica, che spesso non ha neanche le competenze per gestire in prima persona un servizio così complesso che, richiede diversamente, capacità manageriali e di conoscenza settoriale. In fin dei conti è vero che nel passato si pagava una bolletta, che se raffrontata ad oggi , appariva irrisoria ma il costo reale del servizio comunque veniva accollato sul bilancio del Comune: in sostanza la spesa era mascherata dall'uso dell'indebitamento pubblico. E poi non capisco perché se si liberalizza tramite privatizzazioni servizi o utenze quali le telecomunicazioni, l'energia elettrica e il gas, la cosa possa apparire giusta e migliorativa per l'interesse generale, diversamente se lo si fa per il servizio idrico la posizione cambia, come se ci fosse una ragione etica e morale che desse all'acqua una sorta privilegio rispetto agli altri servizi.