venerdì 5 febbraio 2010

Sentenza 19 ottobre 2009, n.262 della Corte Costituzionale, che dichiara l’illegittimità del Lodo Alfano


La Corte Costituzionale, attraverso questione di legittimità, posta dal Tribunale di Milano e dal Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, dichiara il giorno 19 ottobre 2009 la illegittimità costituzionale dell’art.1 della legge 124/2008, meglio conosciuta come Lodo Alfano.
Ambedue i procedimenti, quello del Tribunale di Milano e del G.I.P di Roma, riguarda[va]no l’imputato Silvio Berlusconi quale cittadino e, in funzione della presente legge, anche come legittimo beneficiario del provvedimento di protezione varato dal Guardasigilli Angelino Alfano, suo estensore.
Con tale provvedimento, la maggioranza di Governo sperava di accantonare le problematiche giudiziare del Presidente del Consiglio Berlusconi, per concentrarsi sul programma di governo.
A ben vedere, il Lodo Alfano non è l’unico provvedimento di legge che il Governo Berlusconi adotta per gestire l’impasse istituzionale: infatti già nel 2003 attraverso il Lodo Schifani, si cercò di mettere al riparo, il Presidente del Consiglio da eventuali procedimenti giudiziari, al fine solo di conciliare il diritto alla difesa, con gli incarichi istituzionali delPremier.
Il Lodo Alfano e Schifani, ricalcano la medesima ratio : cioè riconoscere una sorta di immunità (immunità in senso ampio) a favore delle più alte cariche dello Stato, estendendola ai Presidenti di Camera, Senato e Repubblica.
La Legge 124/2008, “differisce sostanzialmente” dal precedente Lodo , riguardo: “la temporaneità dell’effetto sospensivo del processo”, reiterabile per un solo mandato e, dalla “possibile rinuncia” dello stesso beneficio da parte dell’imputato. Elementi questi che , a seguito della disamina della Corte del Lodo Schifani (con sentenza 24/2004), vennero suggeriti quale parametro per la legittimità del successivo intervento legislativo.
Scendendo nel dettaglio della motivazione sull’illegittimità del Lodo Alfano, la Corte pone attenzione alle censure poste dai rimettenti ( Tribunale di Milano e GIP di Roma) e, chiarisce che l’effetto “sospensivo del provvedimento per i processi” in corso verso le più alte cariche dello Stato, deve essere considerato alla stregua di un eccezionale strumento derogatorio ( al diritto comune): cioè quale strumento idoneo a tutelare lo svolgimento delle funzioni degli organi costituzionali, attraverso “la protezione” dei titolari delle cariche ad essi connesse.
Statuito, che l’effetto sospensivo, altro non è che una immunità in senso ampio, la Corte ne deduce che tale differenzazione di trattamento nella giurisdizione, rispetto ai comuni cittadini, debba essere ritenuta ingiusta ( nel senso di irragionevole) perché, va ad inficiare l’eguaglianza formale e sostanziale dei cittadini davanti “La Legge”.
La Corte dichiara , altresì illegittimo il Lodo Alfano, perché ritiene lo strumento ordinario ( la legge), non sufficientemente idoneo a apportare tali innovazioni all’interno del nostro ordinamento e, che tali debbono necessariamente – le innovazioni – essere poste con lo strumento della legge costituzionale ( la quale si sa, ha un iter particolarmente lungo, come garanzia per la modifica della nostra Costituzione).
E’ inopinabile, infatti che nel nostro ordinamento costituzionale, ogni qual volta il legislatore, abbia voluto introdurre delle specifiche prerogative in deroga al diritto comune, lo ha fatto facendo ricorso al legge costituzionale, cioè quella legge dotata di una forza ( nel senso di resistenza all’abrogazione) maggiore rispetto alla mera legge ordinaria, attraverso la quale di fatto si è approvato il Lodo Alfano.
Infine, le difese ( quella di parte e erariale) nel giudizio davanti alla corte, pongono però un interrogativo fondamentale, a cui il “giudice delle leggi” sembra non dare molto valore, se non attraverso argomentazione sofistiche, difficili da condividere.
Si tratta della legge del 1983/148, che introduce con legge ordinaria, l’insindacabilità delle opinioni espresse dai componenti del Consiglio Superiore della Magistratura.
A rigor di logica, anche per l’insindacabilità delle opinioni espresse dal CSM, dovrebbe valere lo stesso metro di giudizio accolto dalla Corte per il Lodo Alfano: cioè disconoscere per principio ad una legge ordinaria, la possibilità di introdurre nell’ordinamento prerogative costituzionali (o immunità in senso ampio).
Per questo, ( a giudizio dello scrivente) non si capisce perché, se il legislatore del 1983, introduce con legge ordinaria una sorta di immunità ( sempre in senso ampio), essa sia da ritenere legittima e, invece contrariamente se il legislatore del 2008, chiede una mera sospensione del processo, la stessa sia ritenuta – questa volta – non solo illegittima sul piano dell’uguaglianza, ma anche inidonea ad apportare prerogative nel nostro ordinamento attraverso l’uso della legge ( come strumento ordinario).
A questo punto, al legislatore non permane che sanare l’illegittimità del lodo, attraverso l’uso della doppia votazione, necessaria per approvare una legge costituzionale.
© pubblicato su l’Eco del Tevere – edizione invernale